Speciale Boschi Di Stefano - Piero Marussig - Casa Museo Boschi Di Stefano
Speciale Boschi Di Stefano - Piero Marussig
Il mondo di Piero Marussig
‘Marussig pittore severo, disciplinato, nobile’.
G. Severini, Venti artisti italiani a Parigi, in “L’Ambrosiano”, Milano, 27 aprile 1932.
Voracità, passione e gusto: sono queste le tre parole che caratterizzano il collezionismo di Antonio Boschi (1896-1988) e Marieda Di Stefano (1901-1968), portati a valorizzare l’arte del Novecento dai suoi inizi figurativi fino all’astrattismo.
Tra i loro favoriti della prima metà del XX secolo, si trova il triestino Piero Marussig (1879-1937), esposto nelle prime sale della Casa Museo: un pittore che ha conosciuto l’Espressionismo di Monaco e Vienna, così come le innovazioni cromatiche di Parigi, grazie alle opere dei pittori post-impressionisti.
Il mondo di Piero Marussig nasce innanzitutto dall’intimismo borghese che esprime la vita dell’attiva e colta classe produttiva e intellettuale di Trieste: una città in cui la borghesia vuole essere vista e ritratta al meglio, che vede i suoi pittori formarsi perlopiù a Monaco di Baviera e ritornare con il salto di qualità richiesto dalla committenza. Proprio la capitale bavarese é uno dei punti di passaggio per gli studi di Marussig e i suoi coetanei ma, a dire il vero, per svelare le reali tendenze del giovane pittore, sarà necessaria Parigi, meta di un viaggio capitale tra 1905 e 1906.
‘Debbo dire che a Parigi ho capito la pittura moderna (…)’: così si esprimerà anni dopo l’artista, affermato e schivo, ricettivo quanto introverso, lontano dai giochi del mercato artistico.
Passato per la ‘sala delle belve’, o meglio ‘dei fauves’, al Salon d’Automne, Marussig ripensa la sua tavolozza interamente: comprende appieno la libertà e le possibilità del colore, sintetizza la figura, crea delle ambientazioni in cui i verdi, i gialli e gli azzurri formano un’atmosfera densa, riconoscibile e personalissima.
I Boschi Di Stefano, tra 1937 e 1938 soprattutto, prima e dopo la morte del pittore, faranno incetta dei suoi quadri: per questo possiamo segnalare, nella loro collezione, interni delicatissimi come quello del "Pappagallo" (1914) o dei "Due bambini" (1917), poco distanti, nell’allestimento, dal celebre "Le amiche" (ca. 1920). A poco a poco, la sintesi cézanniana e la forza cromatica di Gauguin, imparate in Francia, si scioglieranno per abbracciare le curve e i toni del reale, ma senza abbandonare il forte contorno ispirato dai pittori Nabis, come Denis o Bonnard.
Nella collezione, a piena conferma di questo cambiamento, è esposta anche l’altra grande fase del percorso di Marussig, quella milanese dal 1919 in poi.
Lasciata la sua villa triestina, studio e paradiso personale immerso nella natura, Marussig si focalizza sulle proprietà materiche dei suoi oggetti: cerca il volume, la solidità, colori sempre densi ma questa volta più legati alla visione diretta.
Sono gli anni di Novecento, il movimento artistico che Margherita Sarfatti e Lino Pesaro promuovono per arrivare a una nuova arte per una nuova Italia, con lo sguardo rivolto agli insegnamenti dei primi ‘maestri’ del Quattrocento. Nel 1922 una mostra collettiva nella ‘Bottega di Poesia’ li pone sulla scena della pittura nazionale: negli spazi di questa nuova galleria d’arte e casa editrice, fondata dal conte Emanuele di Castelbarco, Walter Toscanini (figlio di Arturo) e Alessandro Piantanida, situata al n. 14 di via Montenapoleone, si vedono riuniti Marussig, Funi, Bucci, Oppi, Malerba, Dudreville e Sironi. Dopo l’uscita di Oppi, i ‘6 pittori del Novecento’ arrivano alla Biennale di Venezia nel 1924.
Per Marussig, questo periodo è dedicato a un’indagine calma e attenta sui corpi e sugli oggetti del quotidiano: il mondo è riscoperto attraverso la pittura come in una dimensione sospesa, quasi da acquario. Ne sono un esempio le nature morte presenti in collezione, come quella con le pere (1917), col tamburello (1925), con la maschera (1926-1928) o con il candeliere (1935). Gli interni vengono reinterpretati senza contraddire la stesura densa del colore, che rimane una cifra stilistica del pittore in ogni fase della sua carriera; ma è anche da notare, negli ultimi anni, un’apertura verso il paesaggio, come testimoniato dai quadri in cui Marussig indaga la Lombardia (Lago d’Iseo, 1932), dopo aver dedicato i primi quadri in esterni alla sua città natale.
Testo a cura di Antonio Canzoniere