Linguaggio discriminatorio

La lingua segue inevitabilmente l'evoluzione della società. Ma quali sono i tempi e i modi del suo mutare ed è possibile intervenire direttamente per determinarlo? 
Un primo passo potrebbe essere saper identificare il linguaggio discriminatorio e trovare i modi per combatterlo ed eliminarlo.

Il linguaggio discriminatorio nega l’individualità delle persone, se le donne svolgono professioni di rilievo queste vengono spesso declinate al maschile anche se esiste la forma femminile.

Il linguaggio non discriminatorio invece comprende quelle forme linguistiche e quel particolare lessico che non stereotipizza, non etichetta, non denigra, non cancella o omette e che riconosce e rispetta la dignità di ogni persona, a prescindere dal proprio status personale, sociale, economico e giuridico. 

È bene ricordare che il linguaggio è un potente strumento di cambiamento sociale, di decostruzione di stereotipi e pregiudizi. 
La lingua che si usa quotidianamente è il mezzo più pervasivo e subdolo di trasmissione di una visione del mondo nella quale trova largo spazio il principio dell’inferiorità e della marginalità sociale della donna. 

Utilizzare un linguaggio neutro dal punto di vista del genere ha una fortissima influenza sulla mentalità, il comportamento e le percezioni; si utilizzano a tutt’oggi pochissimi neologismi e si tende a utilizzare il maschile con funzione neutra (esempio “gli italiani” include sia donne che uomini, “le italiane” invece si riferisce solamente al sesso femminile; sarebbe opportuno iniziare ad utilizzare termini come “la popolazione italiana” che è neutro e sicuramente più inclusivo).

Su questo importante tema, Il 31 maggio 2007, un gruppo di senatori della Repubblica italiana ha presentato un Atto di sindacato ispettivo che “impegna il Governo italiano a introdurre negli atti e nei protocolli delle pubbliche amministrazioni una modificazione degli usi linguistici tale da rendere visibile la presenza di donne nelle istituzioni, riconoscendone la piena dignità di status ed evitando che il loro ruolo venga oscurato da un uso non consapevole della lingua” e il 19 maggio 2008 l’Ufficio di presidenza del Parlamento Europeo ha accolto una prima serie di linee guida del Parlamento per un linguaggio neutro dal punto di vista del genere, specifiche per ogni lingua. 

Da allora sono stati fatti piccoli passi verso l’utilizzo di un linguaggio non discriminatorio come ad esempio quelli fatti dal Comune di Milano che nel 2019 ha approvato le linee guida per l’adozione della parità di genere nei testi amministrativi e nella comunicazione istituzionale che prevedono la pianificazione della revisione di tutti i testi amministrativi in vigore e della modulistica diretta alle utenti e agli utenti dei servizi comunali. 

Per concludere, affinché il linguaggio diventi veramente inclusivo bisogna iniziare dalla scuola: un profondo senso di responsabilità dovrà guidare chi insegna ed educa perché porti a far maturare nelle generazioni cre¬scenti la coscienza di tali problemi, linguistici e non linguistici.